Pizza bianca a lievitazione naturale
PIZZA BIANCA A LIEVITAZIONE NATURALE CON LI.CO.LI., AD ALTA IDRATAZIONE
IDRATAZIONE AL 100% E FARCITURA A BASE DI RASPADURA LODIGIANA
È un piacere per gli occhi e per il palato, così come il lavorare questo impasto è un piacere per le mani.
Nell’era delle ricette superveloci, dei video supercondensati e schematizzati che permettono di cucinare in pochi minuti con un tablet che ti guida in tempo reale, facendoti credere un grande chef, io ve la voglio ancora raccontare… Si, vi voglio raccontare di quel velluto sotto i polpastrelli delle dita; di quelle bolle che crescono da una parte all’altra dell’impasto; delle dita incrociate mentre si scongiura la rottura della maglia glutina; di quel po’ d’acqua, aggiunto dopo un altro po’ d’acqua, senza evitare di allagare il bicchiere dell’impastatrice e sperando che l’ultima farina acquistata possa reggere tempi di lavoro, di lievitazione e quantità di liquidi,… Ecco, vi voglio ancora raccontare di questo cibo così curato e amato, come si racconta una lunga storia davanti al camino, in un freddo pomeriggio invernale.
Oggi scriverò i pochi ingredienti di cui è composta questa meraviglia, alla fine del post, mescolando ricetta e racconto. Dedicato a chi ama parlare e ascoltare storie di cibo.
Sono ancora alle prese con gli impasti molto idratati, precisamente al 100% di idratazione, il che significa che l’acqua aggiunta all’impasto è uguale al peso della farina. È più un vezzo che una necessità, lo so e ve l’ho già scritto in passato, ma è un vezzo irresistibile.
Stare sul chi va là fino alla fine del lavoro, aggiungendo poca acqua alla volta e seguendo la capacità della farina di assorbire i liquidi, è una sfida con se stessi. Un buon impasto idratato al 75% o all’80% può già considerarsi un prodotto molto idratato e non di facile esecuzione. Spingersi fino al 100%, esclusi i liquidi contenuti nel lievito madre liquido (se usate questo lievito) e nel 2% di olio extravergine d’oliva, aggiunto nell’impasto, è invece un’emozione allo stato puro.
Per lavorare con le mani impasti di questo tipo, una volta rovesciati sulla spianatoia e dopo il lavoro fatto dalla planetaria, occorrerà una buona dose di farina di supporto e un po’ di manualità. L’impasto sarà infatti molto morbido, semi-liquido e non avrà l’aspetto del panetto solido al quale siete magari abituati.
Maneggiatelo con cura, fate un paio di pieghe durante la prima lievitazione, a distanza di 30 minuti l’una dall’altra, cercando di riformare successivamente un impasto omogeneo e senza fessure.
Ricapitolando: come vi siete abituali a leggere nei precedenti articoli, impastate farina, metà acqua e lievito. Aggiungente gradualmente la restante acqua e il sale con l’ultima parte d’acqua. Per ultimo va aggiunto l’olio, anch’esso lentamente e facendo girare il gancio o la foglia della planetaria e bassa velocità
Detto così sembra semplice, ma non lo è affatto. È possibile aumentare la velocità da metà impasto e fino all’aggiunta dell’olio. Non c’è una regola ferrea o dei minuti prestabiliti: bisogna osservare l’impasto e seguire le sue necessità.
Una cosa fondamentale è utilizzare una farina forte, in grado di assorbire alte quantità di liquidi e sopportare i tempi di impasto.
Se siete dei panificatori seriali, conoscete già le farine adatte. Se siete alle prime armi, fate un po’ di pratica con idratazioni inferiori, con il lievito madre e chiedete la scheda tecnica della farina al Molino dal quale volte acquistarla. In questo modo sarete certi di non sbagliare.
Riprendiamo la nostra ricetta: dopo aver terminato l’impasto, procedere con la prima lievitazione a temperatura ambiente, lasciandolo su un piano di lavoro ben infarinato. Come scritto sopra, fare un paio di pieghe durante quest’ora e rimodellarlo con le mani, chiudendo tutti i lati.
Procedere con la seconda lievitazione, mettendo tutto nel mastello della lievitazione, coprendolo e attendendo che il volume iniziale raddoppi. In questa lunga e calda estate, complice anche il poco tempo a disposizione, sto facendo solo delle lievitazioni a temperatura ambiente, senza riposo refrigerato (come amo fare durante il resto dell’anno).
Con il lievito madre dovrete attendere qualche ora, ma il risultato sarà strepitoso. Date tempo al tempo e sarete ricompensati per l’attesa e anche il vostro stomaco vi ringrazierà.
Quando preleverete dal mastello l’impasto raddoppiato, dovrete infarinarvi le mani e spezzare le porzioni del peso desiderato oppure lasciare l’impasto intero. È questione di scelte e di cosa preferite sfornare: piccole pizze o una/due grandi pizze in teglia.
Stendete la pasta delicatamente con il polpastrelli delle dita, ma fate attenzione a non fare esplodere tutte le bolle! Non vorrete rovinare tutto il lavoro faticosamente fatto fin qui…
L’aria inglobata durante il lavoro e l’acqua doneranno una struttura straordinariamente soffice.
Adesso non resta che adagiare le pizze sulle teglie (foderate con carta forno), scrollando un po’ della farina di supporto utilizzata per stenderle. Aggiungere dei veli di Raspadura Lodigiana o grana in scaglie, un giro d’olio evo e lasciare riposare una decina di minuti, mentre si preriscalda il forno.
Infornare a 250°C per una decina di minuti oppure per i primi 5 minuti e poi abbassare la temperatura a 200°C circa, continuando la cottura per qualche minuto in più.
A cottura ultimata, la pizza bianca avrà un colore dorato, una crosticina croccante, leggermente salata e dal sapore irresistibile.
Si può degustare tal quale o, se preferite farla di uno spesso più alto, si può affettare e metà, come se fosse un panino e farcirla a piacimento. Io la porto a tavola farcita con la mortadella oppure con il prosciutto cotto.
A proposito: per diminuire le difficoltà e i tempi d’impasto, è possibile fare preventivamente l’autolisi dell’impasto. Versare nel bicchiere della planetaria tutta la farina e almeno il 50% dell’acqua indicata nella ricetta. Mescolare, coprire con un canovaccio o con la pellicola per alimenti e attendere un periodo da 30 minuti a 2 ore. In questo lasso di tempo, la farina comincerà ad assorbire gran parte dell’acqua, dopodiché si potrà procedere con l’impasto vero e proprio e con l’aggiunta degli altri ingredienti.
Vediamo uinfine gli ingredienti:
800 g di farina di grano tenero tipo 1 oppure tipo “0” ma di forza
800 g d’acqua
200 g di lievito madre liquido (potete usare anche il lievito madre solido o pochi grammi di lievito compresso)
16 g di sale fino
16 g d’olio evo
Raspadura lodigiana per farcire quanto basta e farina di supporto per lavorare l’impasto sul piano di lavoro (io spesso uso la farina tipo 2 di grano tenero, la semola o la farina di mais per polenta).
Lasciatevi affascinare dai momenti che trascorrete con i vostri impasti,
annusate le farine e lasciatele scorrere tra le dita.
Imparerete molte cose su ciò che serve sapere.
Se i primi tentativi falliranno,
non perdetevi d’animo
e ripartite con calma e coraggio.
Buonissima
🙂